Il punto di accesso al comune di Carrara si chiama GEMEG ed è un volume tecnico, preciso, fatto di segni orizzontali e verticali molto marcati che, con la proiezione delle loro ombre, sovrappongono al disegno di facciata un leggero layer visivo
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Ricorda l’architettura del Moderno, con la sua matrice razionalista, le proporzioni matematiche a ritmare gli spazi e le sue teorie, nella volontà di pensare a complessi di questa dimensione - circa 1.400 mq di superficie coperta - come a monumenti contemporanei per la città ed ‘elementi primari’ all’interno del tessuto urbano e sociale.
Inizia da qui il processo progettuale che Victor Vasilev ha iniziato a tracciare nel 2017, incaricato da Luca Soldati - presidente GEMEG - della riqualificazione del fabbricato industriale di proprietà della società toscana, leader nell’estrazione e commercializzazione non solo del Bianco di Carrara, ma anche dello Statuario e del Calacatta, che l’azienda ha saputo far diventare veri e propri trend di prodotto nel mondo dell’interior design.
Il lavoro ha così riguardato esterno e interno dell’edificio, elevato a diventare racconto materico della storia imprenditoriale della famiglia Soldati e della sua visione colta e internazionale, che solo una decina di anni fa - nel 2010 - era stata descritta sul grande schermo nel film “Il Capo”, diretto da Yuri Ancarani e presentato alla 67esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. E dalla pellicola - vincitrice di numerosi riconoscimenti in tutto il mondo - alla regia dell’architettura, immaginata dai committenti come una galleria d’arte nella quale mostrare le lastre di marmo, dipinti unici per colori e trama delle venature, da svelare all’interno di un percorso espositivo.
“Il materiale cavato da GEMEG non doveva essere un manifesto evidente e in questo senso non era chiamato a diventare rivestimento di facciate, aree outdoor, pavimenti: l’azienda lo estrae in blocchi e lo trasforma in lastre ma non lo processa come prodotto finito; la storia ci ha insegnato inoltre che al marmo è affidata l’espressione più alta - artistica e costruttiva - di una civiltà e va usato con parsimonia, anche perché non si rigenera in natura. In questo senso non doveva essere impiegato come soluzione di architettura quanto piuttosto come oggetto da contemplare” racconta Victor Vasilev, che ha saputo raccogliere le indicazioni e declinarle in un linguaggio rigoroso, attento, con tonalità che esaltano il candore della pietra.
Redazione Abitare